8-3 lunedì.

Oggi è  la festa della donna, anche se proprio non riesco a ricordarmene. Qui sarebbe un giorno di festa, il villaggio vi si prepara da mesi, molti han fatto cucire un vestito nuovo per l'occasione, con dei pagno a tema. Sono previste musica e danze. Ma non se ne fa nulla. Nessuno si sente di festeggiare, dopo il lutto che ha colpito l'ospedale. Almeno così ci spiega la gente del paese. Il prefetto di Nanoro è partito per i funerali di Kinda. Così anche buona parte del personale del CMA. Restiamo frère Hermann, Marco -chirurgo specializzando- ed io, a coprire le eventuali urgenze. Passo il tempo gironzolando tra i malati, a sentirmi inutile e a distribuire cattive notizie in giro per il mondo. Nel pomeriggio mi obbligo a uscire con Matteo. È difficile restare di malumore quando venti bambini ti circondano e ti trascinano al barrage cantando. Dopo un'ora di cammino sotto il sole alle tre del pomeriggio ancora mi spiegano che non è lontano...sembra di essere agli scout! L'arrivo però è un momento toccante: mi aspettavo una fonte, un fiume limpido, magari un laghetto. Invece un canale raccoglie l'acqua, resa fangosa dall'immancabile terra rossa. È questa l'acqua che bevono e trasportano con ogni cura caricandola in enormi bidoni in plastica su carretti più o meno instabili trascinati da un asinello. I bimbi l'accolgono con gioia, ci si tuffano dentro, si dissetano, giocano. Oltre il barrage il fiume, ma i più piccoli non hanno il permesso di avvicinarvisi, sembra ci siano i coccodrilli. Quando tiro fuori la macchina fotografica si scatena il putiferio. Scopro solo adesso il vero vantaggio di una digitale: appena scattata la foto si possono andare a veder le facce, ci si riconosce, si ride a crepapelle delle espressioni dell'uno o dell'altro. Ne scattiamo circa un milione prima di rientrare, poi con il calar del buio ognuno torna a casa propria e il gruppo piano piano si sfalda. Ho anche trovato un ottimo professore di morè: si chiama Joseph ed ha undici anni. Devo stare attenta, perché è piuttosto severo. Ci dissetiamo alla buvette e rientriamo per la cena. Per qualche giorno siamo orfani dei padri, riuniti in un grande Capitolo Camilliano che si tiene una volta ogni tre anni. Chissà perché mi immagino una specie di via di mezzo superkitsch tra il Nome della Rosa e i romanzi di Eimerich. Mi racconteranno al ritorno, ma la telefonata di père Henri mi fa  già sentire un po' meno sola.