Aggiornamento da Port au Prince: come promesso, Marco prosegue nel report...
Oggi c'è stata sala, piccoli interventi per lo più.

Anche la toeletta chirurgica delle piaghe da decubito di una ragazza giovane rimasta paraplegica tecnicamente lo era, ma l'estensione ed il grado di gravità di quelle piaghe era impressionante comunque. E nonostante l'odore fosse già noto, rimane lo stesso per un po’ nelle narici... Finita da poco la sala, ho incontrato padre Gianfranco che mi ha portato alcuni documenti che gli avevo chiesto: un raggio di luce nel buio organizzativo che qui regna sovrano! All'improvviso mi sembra che tutto sia in discesa!
É una brava persona, ma si vede che alcuni eventi - come l'essere rapito, ed il terremoto - lo hanno segnato. Più che comprensibile...stupisce come sappia lo stesso donare sempre un sorriso!

Ieri invece la giornata si è dimostrata movimentata sin dall'inizio:
A colazione mi dicono che ci sono da accompagnare due pazienti presso un altro ospedale, dove sarebbe atterrato l'elicottero del “Medevac” della Cavour per portarli a fare una tac.
Mangiato in fretta, carichiamo i pazienti in ambulanza.

Per la fretta, qualcuno li carica sulla barella al contrario, arrabbiandosi se poi - ovviamente - non si riesce a caricare la barella sull'ambulanza. Non ho ancora capito perché se la siano presi con me quando gliel'ho fatto notare... Comunque, partiamo.

Io sono sul cassone del pickup, non c’è spazio per tutti dentro.
Mi è sempre piaciuto viaggiare fuori sui pickup, ma stavolta nel traffico tremendo e nella fretta, qualche frenata di troppo mi fa titubare un po’!
Siccome, come vi avevo già raccontato, inutili sono le sirene, decidiamo per prendere una scorciatoia, che in effetti ci fa arrivare giusti giusti: l'elicottero ci passa sopra la testa ed atterra proprio mentre arriviamo.

Qualche attimo per caricare, e poi partiamo. io, Angela (un'infermiera della CRI) e i due pazienti. Il volo breve, Port au Prince che scorre veloce sotto di noi poi, solo il mare.
Arriviamo dopo poco sulla Cavour.

Accompagniamo i pazienti nell'ospedale della nave, dove li lasciamo per fare la tac. Tutti molto gentili, ci portano a fare un giro dell'ospedale: stanza di degenza, 2 sale operatorie, terapia intensiva, diagnostica con ecografo, rx, tac. non vedo un laboratorio, ma sicuramente c'è da qualche parte. Ci spiegano che l'ospedale è piccolo perché la nave è concepita come nave da combattimento, ma è proprio carino lo stesso.
Successivamente, ci portano a fare il giro della nave: corridoi lunghi e stretti, cabine, tutto senza luce naturale (non ci sono oblò essendo una nave da guerra). Tutti si lamentano di quanto sia snervante vivere così 3 mesi, e posso capirlo.
Visitiamo anche l'hangar, il ponte, e poi rifacciamo tutto da capo, perché arriva un altro ufficiale che insiste per farci fare un giro, non capendo a quanto pare che l'avevamo appena fatto :-) si può dire di no?
Pranzo alla mensa ufficiali: bar aperto h24, pranzo self-service ma... a 5 stelle!!
Dopo un po’ torniamo a vedere come se la passano i pazienti, aspettando il volo di rientro nel pomeriggio. Tornando sull'elicottero, familiarizzo un po’ con il medico, e scattiamo qualche foto di rito.
 

Atterriamo e salutiamo, ma... nessuno è venuto a prenderci!!
Ci offrono per fortuna un passaggio sul mezzo del S. Marco che era venuto a prenderci dal campo
di atterraggio, a patto che facciamo noi assistenza sanitaria. Tutto quello che volete, pur di non rimanere 3 ore sotto il sole ad aspettare!
Nel tardo pomeriggio siamo arrivati al St. Camille... stanchi ma contenti!
E, in effetti, possiamo dire di essere stati in Italia!! (il suolo della Cavour è considerato italiano)